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Di sé medesima pittrice


Convolvolo; Carta Agfa Record Rapid 3; 180 minuti.
Quando ci riferiamo ai pionieri della fotografia, siamo soliti evocare un’idea, una ipotesi, un sogno, una visione, che poi si sarebbero manifestati in forma -per l’appunto- fotografica: la natura che si fa di sé medesima pittrice. Ora, a distanza di circa due secoli, con materiali attuali (?), interpretati e declinati al passato, Danilo Pedruzzi ripete gesti originari.
La sua azione fotografica è squisitamente chimica: carta fotosensibile e iposolfito di sodio (o giù di lì). L’azione fotografica di Danilo Pedruzzi riprende le prime sperimentazioni dei pionieri della pre-fotografia, che prima di osservare la realtà attraverso la camera obscura, provvidenzialmente provvista di emulsione sensibile alla luce, agirono tutti per esposizione diretta di soggetti appoggiati alla superficie resa sensibile all’azione del Sole, agirono tutti “a contatto”.
Danilo Pedruzzi utilizza carta fotosensibile tradizionale -quella per la stampa all’ingranditore, con proiezione programmata e controllata del negativo originario bianconero-, interpretandone la proprietà fondamentale di alterarsi in base alla quantità di luce che la colpisce. Il princìpio è semplice e presto riferito; il valore compositivo delle immagini di Danilo Pedruzzi è tutt’altra questione, e richiama l’intervento dell’autore quale premessa indispensabile alla qualità e virtù della sua opera.
Il princìpio è noto: se la carta fotosensibile viene portata alla luce del Sole o, comunque sia, all’esterno della camera oscura entro la quale può essere maneggiata con le luci di sicurezza di circostanza (le consuete del processo di sviluppo del positivo bianconero), è “bruciata”. La tanta/troppa luce che riceve consuma/esaurisce la sua fotosensibilità; se sviluppata, diventa completamente nera, senza alcun dettaglio, né sfumatura tonale. Comunque, lasciata alla luce del Sole (alla maniera dei pionieri e sperimentatori delle origini e pre-origini), la carta fotosensibile annerisce sistematicamente, scurendosi in relazione e rapporto con la quantità di luce che si è via via assommata. Se non la si sviluppa, ma si fissa soltanto, con l’apposito bagno a base di iposolfito di sodio, la carta mantiene il tono ambrato/dorato raggiunto in relazione al tempo di esposizione alla luce diretta del Sole.
Il gesto di Danilo Pedruzzi è esattamente questo, ma non soltanto questo. Ovviamente, le sue immagini di fiori si basano su una sapienza e autorevolezza d’autore. Le sue sono immagini, autenticamente tali, di qualcosa che esiste e si manifesta soltanto attraverso se stesse (immagini): non c’erano prima, ci sono soltanto dopo.
…Continua su FOTOgraphia 177 dicembre 2011
La sua azione fotografica è squisitamente chimica: carta fotosensibile e iposolfito di sodio (o giù di lì). L’azione fotografica di Danilo Pedruzzi riprende le prime sperimentazioni dei pionieri della pre-fotografia, che prima di osservare la realtà attraverso la camera obscura, provvidenzialmente provvista di emulsione sensibile alla luce, agirono tutti per esposizione diretta di soggetti appoggiati alla superficie resa sensibile all’azione del Sole, agirono tutti “a contatto”.
Danilo Pedruzzi utilizza carta fotosensibile tradizionale -quella per la stampa all’ingranditore, con proiezione programmata e controllata del negativo originario bianconero-, interpretandone la proprietà fondamentale di alterarsi in base alla quantità di luce che la colpisce. Il princìpio è semplice e presto riferito; il valore compositivo delle immagini di Danilo Pedruzzi è tutt’altra questione, e richiama l’intervento dell’autore quale premessa indispensabile alla qualità e virtù della sua opera.
Il princìpio è noto: se la carta fotosensibile viene portata alla luce del Sole o, comunque sia, all’esterno della camera oscura entro la quale può essere maneggiata con le luci di sicurezza di circostanza (le consuete del processo di sviluppo del positivo bianconero), è “bruciata”. La tanta/troppa luce che riceve consuma/esaurisce la sua fotosensibilità; se sviluppata, diventa completamente nera, senza alcun dettaglio, né sfumatura tonale. Comunque, lasciata alla luce del Sole (alla maniera dei pionieri e sperimentatori delle origini e pre-origini), la carta fotosensibile annerisce sistematicamente, scurendosi in relazione e rapporto con la quantità di luce che si è via via assommata. Se non la si sviluppa, ma si fissa soltanto, con l’apposito bagno a base di iposolfito di sodio, la carta mantiene il tono ambrato/dorato raggiunto in relazione al tempo di esposizione alla luce diretta del Sole.
Il gesto di Danilo Pedruzzi è esattamente questo, ma non soltanto questo. Ovviamente, le sue immagini di fiori si basano su una sapienza e autorevolezza d’autore. Le sue sono immagini, autenticamente tali, di qualcosa che esiste e si manifesta soltanto attraverso se stesse (immagini): non c’erano prima, ci sono soltanto dopo.
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